martedì 19 maggio 2009

Cosa c’è, se c’è, oltre l’Universo?


Una spiegazione teologica sarebbe la più semplice: il “tutto” è stato creato da Dio che E’ l’Essere che E’ per antonomasia, al di fuori del tempo e dello spazio in un eterno presente, infinito ed immutabile. L’ essere è, il non-essere non è, scrive Parmenide negando il nulla, in quanto non essere; quindi esiste solo l’essere infinito ed immutabile.


Resta da spiegare il divenire, o quello che ci appare come divenire, ossia lo scorrere del tempo e la trasformazione delle cose, incompatibile con la staticità dell’essere, poiché presuppone un passaggio dall’essere al non essere, come ad esempio la morte.


Anche Platone si era posto il problema e, in contrasto con Parmenide, fa un distinguo, infatti le idee nell’ iperuranio sono immutabili e quindi eterne, mentre il mondo delle cose, semplificando e forzando un po’ un‘ espressione moderna, è un ologramma sfuocato dell’iperuranio, materializzato dal Demiurgo, che non è un creatore, ma è la forza ordinatrice.

Dunque un Dio, essendo immutabile, non potrebbe intervenire nel mondo reale in perpetuo fieri, ma osserviamo che tutte le principali religioni fondano il loro credo sull’ intervento di Dio, sia nella creazione del cosmo che nella nostra vita di tutti i giorni.

Dogmaticamente si ammette che Dio è infinito ed immutabile, ma anche potentissimo.”Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare” (Dante inf. III e V canto)

Non mi piacciono i dogmi e, a rischio di andare all’inferno, io continuo a “dimandare”.

Le attuali teorie cosmologiche, che cercano di conciliare la meccanica quantistica e la relatività generale, spiegano l'origine dell'universo come una fluttuazione dallo stato di vuoto.

La fluttuazione ha prodotto la singolarità che esplodendo, il Big Bang, porta all’espansione dell’Universo quindi, dopo miliardi di anni, alla nascita del sistema solare.

Con la teoria dell’evoluzione si spiega la comparsa della vita e dell' uomo sulla Terra. Come dire : ex nihilo omnia.Il “tutto “ è nato dal “Nulla” per una casuale fluttuazione del vuoto.

Dunque un percorso logico, scientifico e perfettamente ateo.Problema risolto? Assolutamente no.

Il Nulla è l’ossessione e l’incubo del pensiero filosofico, da Aristotele a Plotino ad Agostino, a Cusano ad Hegel, ad Heidegger, a Sartre, a Kierkegaard che scrive: La disperazione è il terrore del vuoto, del non essere altro che niente.”,Leonardo da Vinci: "Infralle cose grandi che fra noi si trovano, l'essere del nulla è grandissima"(codice Atlantico) e Leopardi: "In somma, il principio delle cose, e di Dio stesso, è il nulla".(Zibaldone).

Un po’ tutti i filosofi, per un verso o per un altro,si sono posti il problema del nulla.

Anche la scienza moderna, continua ad interrogarsi sull'esistenza e su cosa sia il "nulla", per due motivi: perché il pensiero scientifico è connesso al pensiero filosofico e perché per comprendere il mondo fisico è necessario conoscere le proprietà del vuoto.

Il vuoto quantistico non è affatto vuoto, infatti per il principio di indeterminazione di Heisenberg, è un oceano in continua agitazione, in cui avviene che particelle e antiparticelle nascano ed annichiliscano immediatamente. E’ un vuoto ”mediamente vuoto”, ma non è il “nihil”.

Quindi l’universo, non è nato dal “Nulla” ma da qualcosa che esisteva già nel “vuoto” quantistico.

Ma perché “esiste” questo vuoto ”mediamente vuoto”?

Ubi veritas?
Quaeritur!

domenica 17 maggio 2009

Il pensiero pensante ed il pensiero pensato.

L’attualismo di Gentile.


“ la realtà non è pensabile se non in relazione coll'attività pensante per cui è pensabile”


Ne consegue che il pensare è essenzialmente attività e si distingue tra pensiero astratto e pensiero concreto, Il pensiero pensato, non essendo in atto, è astratto. il pensiero concreto è il pensiero in atto.


Alcune riflessioni.


Il pensiero in atto è il mio Io, è l’autocoscienza dell’ Io esistente, dell’Io soggetto, penso dunque sono, è la realtà vera, non la realtà mediata dai sensi, come dice Schopenhauer, è un pensiero concreto, un pensiero reale e nell’atto del pensare si sintetizzano pensiero, essere, realtà, soggetto ed oggetto. Il pensiero pensante è un atto dinamico e pertanto transitorio, che decade nel pensiero pensato che è astratto e statico.


Ma il pensiero pensato dove va a finire?


Per rispondere a questa domanda, occorre cercare nella scienza biologica: il pensiero pensato, elaborato dal cervello viene raccolto nella MLT (memoria a lungo termine). Esemplificando, con terminologia hardware, possiamo dire il pensiero pensante è nella ram e quello pensato sull’ hardisk. Capita spesso di riaprire vecchi files, cioè riprendere pensieri pensati che sono nella MLT e, da questo momento, il pensiero pensato ritorna ad essere pensiero in atto e poi ancora pensato si viene così a creare un loop, più che una dialettica tra pensante e pensato.


Cadendo dall’ “iperuranio” del puro pensiero al mondo empirico della MLT si profila un problema non indifferente: chi ci assicura che le informazioni, in essa immagazzinate, non si siano deteriorate come un vecchio floppy?


Il pensiero pensato riportato alla luce è quello originale oppure una sua copia sbiadita e con errori di visualizzazione?


Se pensiamo che danni all'ippocampo, (deputato all'encoding dei nuovi ricordi), con le aree corticali vicine ad esso causano amnesia e se consideriamo che esiste un branca della fisica che studia la Teoria degli Errori,( è una parte piuttosto noiosa, per cui evito di entrare nei dettagli, ma sostanzialmente, in breve, dice che ogni misurazione o lettura comporta un certo errore, che può essere dovuto allo strumento con cui si effettua la misurazione, errore sistematico, oppure dovuto all’operatore, errore casuale), comunque sia, temo di dover rispondere che, in molti casi, la rilettura dei pensieri pensati non corrisponda fedelmante all’ originale.


Alla luce di queste considerazioni penso che il concetto di attualismo di Gentile sia abbastanza centrato.


Nulla esiste se non nell’atto nel quale viene pensato.


Ed aggiungerei: Nulla esiste di concreto, ossia di realtà vera, se non nell’atto nel quale viene pensato, tutto il resto è approssimazione.


C’è dunque il bug strisciante del relativismo a minacciare la nostra res cogitans?

Marcello

sabato 16 maggio 2009

Perché il Corano ha fondato una teologia opposta a quella della Bibbia

Perché il Corano ha fondato una teologia opposta a quella della BibbiaL'anticipazione del libro 'Non è lo stesso Dio, non è lo stesso uomo ' di Carlo PanellaTestata: Il FoglioData: 16 maggio 2009Pagina: 9Autore: Carlo Panella - Nicoletta TiliacosTitolo: «Il Corano immobile - Non facciamoci incantare dalle Mille e una notte e nemmeno da Tariq Ramadan»http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=29443

sabato 9 maggio 2009

Da e di Marco De Turris

venerdì 7 novembre 2008
LA CULTURA DI DESTRA IN ITALIA
Accade sovente in Italia d’udire esprimere giudizi alquanto critici sulla “cultura di destra” e sostenerne la sua sostanziale inesistenza o comunque inferiorità rispetto alla cosidetta “cultura di sinistra” d’impronta marxista-progressista.Questo vero e proprio pregiudizio ideologico ha trovato la sua massima espressione in un’affermazione di Norberto Bobbio, intellettuale di sinistra, sedicente liberale ma con simpatie di sinistra, il quale ha detto e scritto che non esiste una cultura di destra.E’ facile confutare simili asserzioni quali frutto d’ignoranza o malafede. La grande cultura internazionale del mondo contemporaneo non è di solito affatto socialista o marxista. Rimanendo all’Italia, nel solo Novecento i tre maggiori filosofi italiani, Croce, Gentile ed Evola, erano tutti e tre di destra, così come era di destra il maggior economista di sempre della nostra Patria, il liberale e monarchico Luigi Einaudi. I maggiori letterati italiani attivi nel secolo XIX, Pirandallo, Svevo, D’Annunzio, erano tutti simpatizzanti del fascismo, così come personaggi illustri operanti nei campi più diversi, da Marconi a Mascagni. Un elenco esaustivo degli autori illustri qualificabili in una delle molte anime della “destra”, sia essa liberale, conservatrice, nazionale, tradizionalista ecc., sarebbe davvero troppo lungo per questa sede, e non potrebbe neppure essere esaustivo. Basti dire che la ricchezza intellettuale dell’Italia dei secoli passati contrasta visibilmente con il livello mediamente basso della fase storica degli ultimi 60 anni, culturalmente dominata dal pensiero di sinistra. La ragione di tale paradosso è che alla “destra” non mancano né gli uomini, né le idee e gli ideali, bensì i mezzi e le possibilità per esprimere questi ultimi. In Italia il potere culturale viene ad essere da decenni egemonizzato dalla sinistra marxista, sia nelle università e nelle case editrici, sia in ambito giornalistico (Marcello Veneziani ha scritto un libro al riguardo, “L’eskimo in redazione”, spiegando come i giornalisti di sinistra abbiano ottenuto un notevole grado d’autonomia ed indipendenza dinanzi ai propri stessi editori, ridotti a consentergli di svolgere la propria propaganda), e persino in ambiti apparentemente meno importanti quali il cinema e la musica. Questa vera e propria occupazione dei posti di potere della cultura è probabilmente frutto di due cause principali. La prima consiste nell’attuazione da parte del PCI-PDS d’una precisa strategia, che era già stata delineata da Gramsci e che teorizzava esplicitamente l’instaurazione d’una “egemonia” (questo il termini specifico impiegato) da parte dei marxisti in campo culturale, al fine di poter inculcare all’intera società i propri principi. E’ così accaduto che i partiti di sinistra impiegassero denaro, uomini, strumenti di pressione d’ogni genere, per riuscire a far entrare propri rappresentanti e sostenitori nelle istituzioni culturali d’ogni ordine e grado, dalle università alle scuole materne, dalle case editrici a quelle discografiche. In ciò la loro opera è stata molto favorita dai sindacati della Triplice (CGIL-CISL-UIL), capaci di conquistarsi il consenso d’una ampia fascia degli insegnanti e dei docenti universitari.La seconda ragione risiede nel fatto che alla suddetta operazione, svolta sulla base di una vera e propria strategia, ben guidata dall’alto e finanziata adeguatamente, non ha corrisposto da parte delle destre alcuna replica adeguata: cattolici conservatori, liberali, missini si sono presentati divisi dinanzi all’unitarietà ideologica dell’avversario marxista. Inoltre, i cattolici democristiani, nonostante abbiano governato l’Italia per quasi 50 anni, non compresero realmente l’importanza della cultura nella propria attività politica, mentre i liberali ed i missini, troppo deboli i primi, decisamente emarginati i secondi, non poterono con le loro sole forze rispondere alla sistematica campagna d’occupazione e promozione culturale della sinistra marxista.Il risultato è che all’abbondanza di talenti e di idee della destra non ha corrisposto un’adeguata visibilità, mentre ad una fondamentale monotonia e povertà della sinistra ha fatto contrasto una diffusione amplissima delle proprie convinzioni. Per portare un esempio significativo, l’opera considerata il maggior romanzo italiano di tutto il Novecento, “Il gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, autentico capolavoro impregnato di spirito conservatore, monarchico e cattolico, non trovò, mentre il suo autore era in vita, un solo editore disposto a pubblicarlo. Quando infine venne èdito, lo fu dalla Feltrinelli, la casa editrice di sinistra per eccellenza, che cercò di gabellarlo come un testo dal contenuto rivoluzionario.Accade così, ancora oggi, che determinate professioni, quali quelle di docente universitario o giornalista, siano ben più facili da percorrere per chi si professa di sinistra, che non per un apolitico, e siano sovente chiuse a chi dichiara opinioni di destra. Al loro interno esistono forti corporazioni di fede “progressista”, che tendono ad aggregare membri delle loro stesse idee ed ad escludere gli altri.Il problema posto da questa situazione non è unicamente di giustizia, essendo profondamente iniqua una tale discriminazione, ma anche e propriamente politico, poiché la sinistra italiana controlla un potere culturale e mediatico sproporzionato, utile a diffondere le concezioni della parte politica di riferimento.
Pubblicato da Marco De Turris a 21.35

martedì 5 maggio 2009

lunedì 4 maggio 2009

Un amico mi chiede...

Giustizia e libertà?
La rigorosa applicazione della legge rispetta sempre il canone della libertà?
Qui (sul blog di pibond), ho scritto qualcosa in merito.
Qualcuno tra gli amici, condivide con me l'idea che il binomio diritto e giustizia dovrebbe riguardare esclusivamente le azioni dannose commesse dai singoli, mentre qualsiasi azione, indipendentemente dal danno emergente debba essere preliminarmente esaminata sotto il profilo della libertà e responsabilità individuali?
Libertà e responsabilità è un binomio che riguarda la coscienza della persona innanzi all'esercizio dei propri diritti ed in particolare di quelli inalienabili ed immutabili come quello di vivere liberamente.

http://pibond.blogspot.com/2009/05/diritto-e-giustizia-o-liberta-e.html

venerdì 1 maggio 2009

Nietzsche ancora incompreso

Da il Giornale del 30/04/09
di Daniele Abbiati

""Il più bel complimento fatto a Nietzsche (ma non ai nietzscheani) è di Georg Simmel e porta la data del 23 ottobre 1897. «Non vi è nulla di più facile del “confutare” Nietzsche. Le metamorfosi a balzi del suo sviluppo speculativo, il violento fantasticare con cui interpreta la storia, le contraddizioni logiche della sua immagine del mondo sono talmente palesi da far sì che il problema scientifico nei suoi confronti non possa affatto consistere nel dimostrare i suoi errori, ma nello spiegare come mai, nonostante questi errori, egli abbia potuto suscitare impressioni tanto profonde non soltanto presso quanti vanno matti per le mode letterarie o adorano la bella forma».
La forza dell’autore consisterebbe nel fascino più che «letterario» della sua opera, nel suo essere filosofo nonostante se stesso. La considerazione compare nella recensione al saggio di Ferdinand Tönnies Il culto di Nietzsche. Infatti, un autentico «culto» era fiorito, in tutta Europa, intorno alle povere membra e alla mente disastrata del padre del Superuomo che morirà di lì a tre anni. Con la catastrofe torinese del gennaio 1888 era calato il sipario sulla persona di Nietzsche, ma se n’era alzato un altro, ben più pesante, sul Nietzsche maestro-guru. «Fenomeno psicopatologico», «borghese», «aristocratico», «teorico del capitalismo», «socialdemocratico», «anarchico», «evoluzionista»: le etichette applicategli nel giro di cinque-sei anni sono molte, e tutte in qualche misura storte, posticce.
E ancor oggi sul corpus di Nietzsche permangono le stimmate di quelle e altre appropriazioni indebite. Riveduto e... scorretto dalla sorella Elisabeth in chiave materialmente (e non eticamente) volontaristica e reazionaria, il Nostro subì l’Anschluss da parte del delirio nazista che se lo appuntò al petto come una medaglia intellettuale, ignorando o fingendo d’ignorare, fra l’altro, il suo più volte dichiarato anti-antisemitismo. Filtrato dai disastri novecenteschi pre e post Terzo Reich, di Nietzsche è rimasto soltanto l’ectoplasma nichilista, recentemente oggetto delle critiche papali, mentre la sua estetica, il suo umanesimo, il suo illuminismo sono confinati nello sgabuzzino degli studi specialistici…… ""


Non sono d’accordo nel considerare quello di Georg Simmel un complimento,ne tanto meno che “non vi è nulla di più facile del “confutare” Nietzsche”.
Non è Nietzsche che deve essere confutato, ma è Nietzsche stesso che confuta tutto e tutti.
E’ chiaro che Simmel, essendo in lui preponderante l’interesse sociologico,non può ,pur avendone subito un certo fascino, condividere la filosofia nietzscheana.

Mi dispiace che si incorra ancora nell’errore di considerare Nietzsche un antisemita, nel senso di razzismo. Il Nostro è antisemita come è anticristiano, come è antimetafisico, come è anticredente: in sostanza è contro tutto ciò che è rappresentato da 5000 anni di sovrastrutture create dall’uomo.
Il nichilismo del Nostro non è fine a sé stesso, annientata tutto per iniziare una nuova era per l’Uomo, come possiamo chiamare nichilista uno che invoca continuamente la volontà di potenza?
Dio è morto, ma anche l’uomo è morto aspettiamo l’uomo trasvalutato: il superuomo o forse è meglio dire l’“oltreuomo”. Ogni tentativo di asservirlo, come è stato fatto, a nuove teorie filosofiche, politiche o sociali non rende giustizia al suo pensiero, indubbiamente originale nella storia della filosofia.
Marcello