domenica 27 dicembre 2009

...continua Le parabole di Shelburn

La parabola delle buone ciliegie

In quel tempo il buon raccoglitore di ciliegie predicava ad ogni uomo che doveva pentirsi ed abbandonare ogni cosa, perché, per sua colpa, le ciliegie stavano diventando sempre più grosse, e questo, diceva, è un gran male.
I soliti negazionisti sostenevano che non era vero, e che comunque meglio grosse ciliegie, che ciliegie troppo piccole, ma il buon raccoglitore li additava come eretici, e scagliava parole di fuoco contro di essi.
E così nessuno li ascoltava.
Arrivato in un villaggio, un personaggio di nome Boffino gli disse
- Buon raccoglitore, quello che dici è la verità, ed è la sola verità.
Però sono andato al mercato a comprare le ciliegie, e mia moglie, quella negazionista, ha negato che fossero più grandi dell'anno passato. Come posso fare a convincerla ? -
- Fa come me, raccogli solo le più grosse, e tua moglie non potrà negare l'evidenza -
- A dir la verità, maestro, ci avevo già pensato, ma il fruttivendolo, un vile negazionista anche lui, me l'ha impedito -
- Allora fa come me, mentre torni a casa, butta via le ciliegie piccole e conserva solo le più grosse. Così potrai dimostrare che la Scienza non mente, e le ciliegie sono davvero più grosse. -
- Ma se rimanessero solo poche ciliegie ? -
- Che t'importa ? L'ultima volta ne ho comprate da un fruttivendolo russo 34, ho buttato via quelle che non mi convenivano, e ne ho lasciate solo 12.
Ma con quelle sono diventato ricco e famoso. -

Parola di Shelburn.

sabato 26 dicembre 2009

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La parabola del tiratore di pietre.

In quel tempo, l'uomo del colle si avviò verso il monte dell' Ulivo, tra la valle della Quercia e il sentiero della Margherita. Ma all’alba si recò di nuovo al duomo e tutto il popolo andava da lui ed egli li salutava.
Così vide un uomo che era osannato assai, ma un passante colpì quello con un cavalletto, e poi un'altro lo colpì con una statuetta del duomo stesso, gridando "Mu...mu..muò...muori!".
E allora i soldati del re lo fermarono, ma l'assalitore tartagliò
"So...so..sono...pe...sono pe..."
"Sei Peppe ? " gli chiesero
"Sono pe... sono pentito!"
"Lasciatelo andare" disse l'uomo che era stato colpito, con grande magnanimità, ed essi lo lasciarono andare, e quello, appena svoltato l'angolo si fregò le mani, esclamando
"Ave... ave..."
"Ave anche a te, buon uomo" risposero al suo saluto quelli che gli erano vicini
"Macché ave, volé...volé...volevo dire...avete vi... avete visto come l'ho colpì...l'ho colpito bene ? Ah, come so...come sono bra...bra...bravo!"

Intanto, l'uomo che era stato colpito sanguinava ancora, e l'uomo del colle, preoccupato per tanta violenza, esclamò saggiamente:
"Nessuno di voi scagli più una pietra, se non è senza peccato !"
Ma in quel momento apparve un uomo dagli occhi di bragia, più spalancati di quelli di Ficarra, e strattonando con forza all'uomo del colle per la tunica, gli urlò
"Ma che c'azzecca ? Quest'uomo è il diavolo, e se tu lo teneressi stretto stretto, io lo colpissi con queste pietre, non troppo grandi né troppo piccole, per farlo soffrire di più !"

Parola di Shelburn.

martedì 22 dicembre 2009

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La parabola del buon imprenditore

In quel tempo c'era tanta gente che non aveva lavoro.
Allora il buon imprenditore disse:
- Lasciate che i disoccupati vengano a me, che un posto di lavoro glielo trovo io -
E i disoccupati vennero a lui, reclamando i loro diritti.
- Abbiamo diritto al lavoro, lo dice la Costituzione -
- E voi siete di sana e robusta Costituzione ? -
- Certo ! -
- E allora, perché non v'hanno dato il lavoro, visto che ne avete diritto ? -
- Perché hanno detto che la Costituzione stabilisce che abbiamo diritto al lavoro, ma non chi paga. -
- E loro non vogliono pagare ? -
- No, ci vogliono guadagnare ! -
- Ah, che bestemmia, "guadagnare"... il lavoro è un diritto. Ecco signori, io vi dò il lavoro, a tutti. Andate e lavorate, e se qualcuno vi dice qualcosa, dite che avete la benedizione del buon imprenditore -
La folla incominciò a muoversi, ma qualche impenitente malfidato, chiese
- Ma, buon imprenditore, noi lavoriamo, ma poi, chi ci paga ? -
- Io vi ho trovato il lavoro, non è quello che volevate ? Andate e lavorate ! -
Ma i malfidati continuavano a non fidarsi
- Non ci siamo capiti, buon imprenditore, noi chiediamo il lavoro, ma in realtà ci interessano i soldi....sa, la famiglia, le bollette - anche a quei tempi c'erano le bollette - le tasse, i vestiti, la roba da mangiare... ora anche quel grosso cane che abbaia la sera mentre ceniamo, il canòne, anche quello è aumentato, e glie dovemo da dà più carne... insomma, ce servono li sordi -
- Non potete chiedere a me di farvi diventare sordi, io semmai vorrei guarirvi -
- Non ce stamo a capi', dicevamo li danari...-

Il buon imprenditore ebbe una pausa, così come celentano ci ha insegnato, che fa molto "pensatore impegnato", e disse
- Va bene, tra poco ci sarà l'assemblea del popolo, e mi farò eleggere re, e così risolverò tutti i vostri problemi -
- Ci troverete un lavoro ? -
- Questo è facile, ogni disoccupato leggerà libri ai ciechi, oppure conterà gli uccelli che passano, oppure disegnerà dei quadri... il lavoro non è un problema, quello si trova ! -
- No, trovar lavori inutili, o anche benemeriti, ma che non producono ricchezza, è certamente facile,
ma,
qualcuno ci pagherà, e con che soldi, per contare gli uccelli o per dipinger croste ? Chi coltiverà il grano per fare la farina ? e chi cuocerà il pane ? E quando qualcuno ha fame, se non ci sarà pane, cosa mangeremo ? -
- Oh, quello non è un problema, farete come me, mangerete le brioche ! -

Perché, quando il buon imprenditore è brioscista, crede che i problemi siano facili, e che basti "lavorare" per aver fatto un lavoro "utile", che crea ricchezza. Ma i lavori inutili non creano ricchezza, e non producono pane. Meno male quindi che ci sono le brioche.

Parola di Shelburn.

giovedì 12 novembre 2009

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La parabola del lupo pentito e dell'agnellino di Cosenza.

In quel tempo viveva un lupo feroce, autore di molti delitti, pentito però...di aver detto poche bugie, per cui voleva rimediare.
Qualcuno gli suggerì:
- Vedi lupo, quell'agnellino che pascola nei campi verdi, sotto i cieli azzurri ? Tu te lo devi pappare. Vai e mordi. -
E il lupo andò, ma non potendo aggredirlo senza esser visto, dovette dimostrare di averne ragione, e così disse all'agnellino
- Tu mi sporchi l'acqua -
- Ma come potrei se sei tu a stare a monte ? .
...e infatti, superior stabat lupus....e l'acqua scorre da monte a valle...
ma il lupo non demorse (come si dice), e replicò
- Nell'anno - e qui disse l'anno - tu ti facesti dare una borsa con cinquantamila dinàri euro ! -
- In quell'anno i dinàri erano ancora in lire, e non in euro -
- Tu hai incontrato il brigante - e qui ne disse il nome - negli anni 80...anzi nel 94 ! -
- Ma quel brigante nel 93 era in galera -
- Allora l'hai incontrato nel 92. -
- Anche nel 92 era in galera -
- Allora hai incontrato suo figlio -
- Anche lui era in galera, e non avrei potuto incontrarlo -
La folla dei contadini armati di falce, e dei falegnami armati di martello si fece minacciosa contro l'agnellino, urlando
- Sei stato accusato, dimettiti ! -
Un uomo dagli occhi di bragia, e dall'eloquio in perenne disaccordo coi congiuntivi, giunse ad unirsi a loro, gridando
- Dimettiti, fatti processare ! Se io mi avrebbe stato accusato, mi saressi dimesso, dico io. Tu dici che sei innocente ? E che c'azzecca ? Dimettiti ! -
Peccato che la stessa persona avesse appena usufruito dell'immunità parlamentare per non farsi processare, ma, si sa, il codice di Maga Magò dice giustamente che le dimissioni si pretendono da chi si e da chi no.

Parola di Shelburn.

mercoledì 11 novembre 2009

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La parabola del Sotuttoio

In quel tempo c'era un navigatore, di nome Sotuttoio e di cognome Voinonsapeteniente, che di porto in porto, di sito in sito, si trovò a galleggiare su un legno storto assai.
Arrivato colà, senza dir né buongiorno, né buonasera, senza salutar nessuno, ché è cosa di vil mortali, esclamò annoiato:
- Visto che mi viene chiesto di parlarne, come se fosse una cosa importante, scrivo cosa penso riguardo alla sentenza della corte europea , riguardante il crocifisso nelle scuole -
...e che volete, eravamo tutti ansiosi di conoscere la sua autorevole opinione, e nessuno di noi avrebbe dormito, se non avesse parlato, come oracolo parlasse.
Così, incapaci di proferir parola, ascoltammo tanta sapienza e tanta saggezza onorare le nostre umili orecchie.
Ed egli benignamente ci onorò, eh sì, ma che non si ripeta, ché non siam degni di cotanto onore !
- Le tradizioni non sono immortali - oh, qual grazia nell'enunciare codesta verità suprema !
- ...non c’e’ piu’ il Faraone - eh no, questo non doveva dircelo, a noi che ancora l'aspettavamo per cena !
- le tradizioni finiscono, e le radici si rompono, per quanto importanti siano state. -
...lo dicevo io di tirar pian piano le carote, che sennò si rompono. Ma ora che l'ha detto pure Sotuttoio starete più attenti.
- ...il cristianesimo e’ stato una importante radice dell’europa, e ha fatto parte della tradizione culturale europea. Oggi non più.
Ripeto: oggi non più. E sarebbe ora che qualcuno avesse il coraggio di dirlo.- e meno male che un coraggioso c'è stato.
e pensa un po', se non l'avesse ripetuto, qual danno ne avrebbero avuto le giovani menti assetate di sapere !
E mentre cotanto oratore parlava, l'umile gente ignorante si addormentava, ma fu svegliata dalla sua voce tonante che urlava
- Potrei mostrarvi la vostra profonda ignoranza, facendovi delle domande trabocchetto banali banali, come per esempio “gli angeli hanno la fede?” oppure che so io “Satana satana puo’ essere considerato un buon cristiano?” per - ehm, qui usò un termine crudo, che mi preme risparmiarvi...dunque diciamo che disse:
- mangiarvi come tanti salamini appesi alla trave. E questo per una seconda proprieta’ che il “cristiano” di oggi ha: non conoscere la propria religione. -
Quale religione conoscono i cristiani, forse quella buddhista, o quella indù ? Molti sono indotti a pensare che il saggio vate pensasse alla religione shintoista.
Tra un sonnellino e u n dormiveglia arrivavano gli strali
- ...voi tutti dovreste passare la vita a chiedervi “come si comporterebbe Cristo in questa situazione? -
e poi
- Lo fate? Vi comportate , ogni giorno, come si comporterebbe Lui? No, non lo fate. Nessuno di voi lo fa.-
e poi ancora
- Cosi’, ripeto, ho cattive notizie per voi: non solo e’ morto il cristianesimo, con tutte le sue “tradizioni”, ma c’e’ di peggio. Il cattolicesimo è morto, ed è morto per colpa dei cattolici. -

La gente cominciava a pensare, ma guarda che brutte notizie che dà il telegiornale, e nessuno si rendeva conto del dramma.
E mentre la povera gente, incapace di recepire tanto verbo, sonnecchiava e qualcuno, ahimè, ronfava sonoramente, la voce continuava a gridare
- Ma la cosa peggiore, è che non sapete nemmeno il perché. Io ho smesso di essere cristiano, e quando dico che ho smesso dico che so che cosa ho lasciato. -
Ma a quel punto non era rimasto nessuno sveglio.
Sotuttoio continuò ad arringare la folla dormiente con voce tonante e occhi di bragia, ma quei miseri omini da poco continuarono a ronfare e a rigirarsi nel sonno, sicché al vate immenso ed adirato non restò che andarsene, sbattendo la porta.
Si udì un grido, e, da dietro la porta un'imprecazione stizzita
- Porca miseria, ogni volta mi chiudo la coda nella porta ! -

Parola di Shelburn.

mercoledì 4 novembre 2009

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La parabola di colori

In quel tempo c'era un bel mercato, affollato di gente che comprava di ogni cosa.
Ma vennero da fuori i messi del tiranno e dissero che nessuno poteva vindere o acquistare delle stoffe di color azzurro, perché erano lo simbolo del principe azzurro, e delle sue stucchevoli favole.
Così fu fatto, e di stoffe azzurre nessuno ne comprò più.

Ma poi tornarono ancora i messi dicendo che non si poteva né vindere né acquistare delle stoffe verdi, perché ricordavano i colori di Robin Hood, e dei suoi amici ladri.
E così fu fatto, e nessuno più ne comprò.

E poi tornarono li messi a proibire di comprare o vindere delle stoffe gialle, che offendevano il Sole, e di quelle bianche che offendevano la Luna, e nessuno più ne comprò di siffatti colori.

E poi tornarono ancora per proibire le stoffe di color rosa, e quelle marroni, e quelle di qualsiasi altro colore che non fosse il grigio.

E così tutto il mondo divenne grigio, e scomparve la vitalità e il sorriso perfino nei visi dei fanciulli.

E chi vuol capire capisca, tanto gli altri son talmente pieni di alterigia che non lo capiranno mai.

Parola di Shelburn.

La parabola dei sapori.

In quel tempo vennero i messi del tiranno e dissero che chi avesse mangiato del sale sarebbe stato imprigionato, perché il sale trattiene i liquidi e fa ingrassare, cosa che fa male alla salute e dispiace al tiranno.

Poi tornarono i messi del tiranno e dissero che chi avesse mangiato dello zucchero o qualcosa di dolce sarebbe stato imprigionato, perché lo zucchero fa ingrassare, cosa che fa male alla salute e dispiace al tiranno.

E tornarono ancora a proibire l'acre e il piccante, e, saputo del nuovo sapore, del brodo di carne, proibì anche di quello, ed ogni commensale avrebbe mangiato solo pane azimo e acqua, per dar onore al tiranno.

Nonostante tanto amore per loro, però, le genti, ingrate, si lamentavano di quel mangiare senza sapori. Ma egli, il tiranno, li rimproverò di voler offendere, mangiando del salato, chi non poteva mangiarne, e mangiando del dolce, chi di quello non ne poteva far uso, e così via.

Nella sua grande saggezza il tiranno si ritirò nelle sue stanze, lasciando che il popolo mormorasse.

Parola di Shelburn

La parabola della trattoria.

In quel tempo un viandante stava consumando la sua cena in una trattoria, ed aveva già alzato la forchetta per infilzare un boccone di costoletta, che aveva appena tagliato, quando il proprietario della trattoria gli tolse il piatto da sotto la forchetta.
- Che insolenza è mai questa ? - sbottò il viandante, con la forchetta ancora per aria.
- Mi dispiace, signore, ma quel signore laggiù è islamico e si offenderebbe se voi mangiaste della carne di maiale, che, sapete, secondo la sua fede è impura assai. -
- Mica gliela fo mangiare a lui, che capirei... che ha da offendersi di quel che mangio io ? -
- Lei può mangiare di carne di maiale a casa sua, ma questo è un luogo pubblico, e non si possono offendere le idee altrui -
- Quelle altrui, no, ma quelle mie, si ? -
- Signore, non v'inquietate per carità, che vi porterò una bella bistecca alla fiorentina, che quella non è di porco. -
Il viandante, che era un tipo accomodante, e per dimostrarlo s'era accomodato sullo sgabello che fungeva da seggiola, acconsentì al cambio, per amor di quiete, ma aggiunse
- Portatemi però un rosso di quello buono, che colla fiorentina è la morte sua ! -
- Abbiamo del Brunello di Montalcino di ottima annata -
- Questo mi aggrada, portatelo dunque. -
E dopo una breve attesa si presentò con una splendida bottiglia
- Sentite che meraviglia, che fragranza esce fuori da quest'orgoglio della mia cantina ! -
- Devo convenire che sia un bel bere. Orsù, versatene - esclamò, alzando il bicchiere
- Non vorrete berne a digiuno ? -
- No, per carità, aspetterò la fiorentina -
L'uomo si allontano, ma mentre il viandante era immerso nei suoi pensieri, tornò, versò il brunello dal bicchiere nuovamente nella bottiglia e fece per allontanarsi
- Ma che diavolo...? -
- Non s'inquieti, per carità, ma dovreste sapere che anche il vino è impuro ed offende un devoto Musulmano -
Il viandante fece per aprir bocca, ma quello s'era già allontanato colla bottiglia.
E tornò poco dopo con una brocca d'acqua fresca.
- Credetemi non c'è nulla di meglio di un sorso di sorgente pura e cristallina -
- Sarà - si rassegnò il viandante, poco convinto.
Ma finalmente il suo viso si illuminò, alla vista di una succulenta e traboccante bistecca.
- Urca, se magna ! - esclamò finalmente giulivo.
Ma aveva appena tagliato un bel pezzo di carne fumante, e l'aveva infilzato colla forchetta, alzandolo all'altezza della bocca vogliosa, quando qualcuno gli tolse la forchetta di mano, buttò il pezzo tagliato nel piatto, e portò via la bistecca.
- Per le mille e mille dune del Sahara, che significa tutto ciò ? -
- Purtroppo - sussurrò imbarazzato il proprietario della trattoria - è entrato quel signore indiano, e, sapete, per la loro religione è offensivo assai mangiar di carne di vacche... ma posso servirvi una spigola che vi farà venir l'aquolina in bocca ! -
- Vada per la spigola - acconsentì il viandante, pur di mangiare
- Eh no ! - s'intromise un altro viandante che era giunto proprio in quel momento - come vegetariano non posso permettere che si faccia uso di carni di animali. Troverete uova, latte, verdure appetitose, e frutta abbondanti per sfamarvi -
- Frutta, verdura, uova e latte ? Ma... e va bene, ma presto, che il mio stomaco reclama con prepotenza ! -
- Un momento ! - l'interruppe un altro viaggiatore entrato in quell'istante - Io sono vegan, e non permetterò che si mangi di uova, o di latte, che son alimenti che provengono da allevamenti...oh, voi non sapete quali orrori, quali lager siano questi allevamenti per quelle povere bestiole, che dovrebbero vivere invece libere e selvagge. -
- E allora vada per frutta e verdura -
- ...ma che non sia colta sull'albero ! Potete mangiare solo di quella che spontaneamente cade dall'albero, e null'altro -
Il viandante però a questo punto perse la pazienza, e quel che accadde dopo è disdicevole assai a raccontarsi.

Parola di Shelburn.


La parabola della bella vacanza.

In quel tempo si discuteva in famiglia su dove andare in vacanza.
Il padre propose di risalire il fiume Istro fino alle due città di Buda e Pest, e magari anche oltre, fino a quel borgo dove si posson mangiare di cotolette più fini di quelle che si impanano a Mediolanum.
Il figlio minore, amante dei fiordi vichinghi, suggerì invece la costa Brava.
Dipietrus saltò su, tutto rosso, esclamando, con occhi di bragia
- Ma dico, dico io, se hai detto che ti piacciono i fiordi...che c'azzecca la Costa Brava ?
Se hai detto fiordi, io anderessi in Danimarca ! -
- I fiordi sono in Norvegia - precisò il solito perfettino
- E se io mi troverebbe in Danimarca, non staressi tanto lontano dalla Norvegia, dico io -
sbottò Dipietrus ancor più rosso, e con gli occhi ancor più spalancati.
A questo punto la figlia bionda esternò con foga la sua preferenza per una vacanza in Germania, tra le tribù dei Cimbri e quelle dei Teutoni, pacifiche ed allegre. Salsiccine e Birra in quantità.
Ma la madre tagliò corto.
- Troppe opzioni, per non far torto a nessuno, faremo torto a tutti. Sceglieremo l'opzione "neutra". Si resta a casa. -
E così fu detto, e così fu fatto.
Amen.

Parola di Shelburn.

lunedì 19 ottobre 2009

Le parabole di Shelburn

la parabola del lupo e dell'agnello,

Il lupo voleva mangiarsi l'agnello.Ma il cane pastore cercò di impedirglielo.Così le anime buone dissero che il cane era cattivo assai, e vollero che si facesse pace.Pace tra il lupo e il cane pastore.Allontanato il cane pastore, il lupo si pappò l'agnello in quattro e quatt'otto, nel silenzio assordante delle (colpevoli) anime buone.Ancora adesso la raccontano che fu il cane ad aggredire il povero pacifico lupo.Anche se dell'agnello non c'è rimasto nemmeno più il ricordo.parola di Shelburn.

La parabola degli orsi scomparsi.

In quel tempo la gente piangeva dirottamente. Ruscelli di lacrime scorrevano dalle gote rubiconde di tenere fanciulle.Un viandante si fermò a guardare e chiese stupito- Perché piange tutta questa gente ? -- Stanno scomparendo gli orsi -- E come mai ? -- Fa sempre più caldo, non c'è più neve, e gli orsi scompaiono, per sempre, uah, uah, uah ! -- Su non faccia così. E poi, tutta quella neve che vedo ? -- Come può vedere neve se tutti gli scienziati dicono che non ce n'è ? -Il viandante ne raccolse un po' da terra- ...e questa cos'è ? -- Sarà panna montata, che vuole che le dica ? -- Ma è fredda... -- Certamente, la panna montata calda è una vera schifezza -- Non le posso dare torto. Ma questi orsi, quanti erano prima ? -- Erano ben cinquemila -- Ed adesso, quanti sono ? -- Si stima che siano tra i venti e i trenta mila. -- Ma allora sono aumentati. Perché piange la gente ? -- Vede, prima gli orsi che stavano scomparendo erano solo cinque mila. Era un problema. Volendo quantificarlo, era un problema per cinque mila animali.Ora gli orsi che stanno scomparendo sono molti di più, e quindi il problema è più grosso, perché più animali sono in pericolo. -E vedendo il viandante perplesso, aggiunse- Più animali in pericolo, più grosso è il problema. Come fa a non capire ? -- Già - mormorò il viandante grattandosi la zucca - ...come faccio a non capire ? -Parola di Shelburn.

La parabola della montagna

In quel tempo, uno straniero venne nella Terra dell'Arte, e vide una grande montagna.- Come si arriva là in cima ? - chiese ad una persona del luogo.- Ci sono due vie.L'una è irta di ostacoli. A chi vi si avventura viene messo un grosso carico in spalla, e mentre passa nei villaggi la gente lo insulta, e gli fa perdere tempo in ogni modo.Così la maggior parte desiste senza arrivare in cima, chi per paura, chi perché non sopporta i continui insulti o i continui ostacoli pretestuosi, chi perché si stanca o trova altro da fare. -- E l'altra via ? -- Oh, quella... è la teleferica,ma è destinata solo a quelli de sinistra. -E chi vuol capire capisca.parola di Shelburn.

Parabola delle capre e dei cavoli.

In quel tempo, un giovine furbone aveva novanta cavoli.- Ce ne voglion almeno cento, almeno cento ! - gli gridava il padrone.Almeno cento ? Qual'è il problema ?Aggiunse dieci capre, maschi e femmine, e contò:- Bene, adesso abbiamo cento capre e cavoli. -Giusto, ma dopo un certo tempo le capre si mangiarono dei cavoli, e nacquero tante belle caprette.E dopo qualche tempo, il furbone tornò a contare.E indovinate quante capre trovò e quanti cavoli ?Non è difficile immaginarlo.Basta volerlo capire... e chi vuol capire, capisca.Parola di Shelburn.

La Parabola del Buon Napoletano

Allora il Maestro disse: «Un uccellino cadde dal suo nido e rimase per terra mezzo morto. Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada; e lo vide, ma passò oltre dal lato opposto.Così pure un Brontolone, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. Ma un Napoletano passandogli accanto, lo vide e ne ebbe pietà; avvicinatosi, lo cibò di formiche morte e si prese cura di lui. Il giorno dopo, presi due denari, li diede ad un amico e gli disse: "Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno".Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo del povero uccellino?Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia».Allora il Maestro gli disse: «Va', e fa' anche tu la stessa cosa».
(Dal Vangelo apocrifo di San Pcosta)

Parabola del lupo e del can pastore.

In quel tempo un lupo feroce azzannava le pecore dei poveri pastori, seminando terrore e morte.Giunto nella Valle dei Rossi Tramonti, si lanciò contro le pecore di un pastore che viveva colà, ma il suo cane reagì con energia, mettendo in fuga il lupo.Il pastore fece alte lodi al suo fedele cane, e quella sera gli dette molta più carne, come premio.Ma il giorno dopo si presentò di nuovo il lupo feroce, in presenza dell'autorità, affermando che il cane pastore doveva essere abbattuto perché assai pericoloso, e come prova mostrò i segni dei morsi che aveva ricevuto.Come andò a finire è scritto nel gran libro di quella valle, ma io mi asterrò dal raccontarvelo, per stimolarvi a pensare.Parola di Shelburn.

La parabola del Diogene moderno.

In quel tempo un uomo con una lanterna elettronica in mano fu visto percorrere le strade del web in pieno giorno, osservando ogni bucum, ogni pertugium, ogni forum, e allontanarsi ogni volta con aria delusa se non disgustata.Un giornalista del Legno Storto lo fermò, e gli chiese- Cosa cerca dunque Lei, buon uomo, con questa lanterna elettronica in mano ? -Diogene levò uno sguardo allucinato verso di lui, che pareva di pietro, ed esclamò con foga:- Cerco l'uomo intellettuale di destra, e non lo trovo -Il giornalista gli chiese ancora- Posso far qualcosa per aiutarLa ? - Ma il filosofo, brandendo un bastone, lo minacciò:- Si tolga da lì davanti, che non vedo il Sole24ore, e nemmeno la Gazzetta del Mezzogiorno... -Parola di Shelburn

martedì 28 luglio 2009

Dedicato alla Vita un inno di gioia












Rosaluna e lo zio Flavio.



martedì 19 maggio 2009

Cosa c’è, se c’è, oltre l’Universo?


Una spiegazione teologica sarebbe la più semplice: il “tutto” è stato creato da Dio che E’ l’Essere che E’ per antonomasia, al di fuori del tempo e dello spazio in un eterno presente, infinito ed immutabile. L’ essere è, il non-essere non è, scrive Parmenide negando il nulla, in quanto non essere; quindi esiste solo l’essere infinito ed immutabile.


Resta da spiegare il divenire, o quello che ci appare come divenire, ossia lo scorrere del tempo e la trasformazione delle cose, incompatibile con la staticità dell’essere, poiché presuppone un passaggio dall’essere al non essere, come ad esempio la morte.


Anche Platone si era posto il problema e, in contrasto con Parmenide, fa un distinguo, infatti le idee nell’ iperuranio sono immutabili e quindi eterne, mentre il mondo delle cose, semplificando e forzando un po’ un‘ espressione moderna, è un ologramma sfuocato dell’iperuranio, materializzato dal Demiurgo, che non è un creatore, ma è la forza ordinatrice.

Dunque un Dio, essendo immutabile, non potrebbe intervenire nel mondo reale in perpetuo fieri, ma osserviamo che tutte le principali religioni fondano il loro credo sull’ intervento di Dio, sia nella creazione del cosmo che nella nostra vita di tutti i giorni.

Dogmaticamente si ammette che Dio è infinito ed immutabile, ma anche potentissimo.”Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare” (Dante inf. III e V canto)

Non mi piacciono i dogmi e, a rischio di andare all’inferno, io continuo a “dimandare”.

Le attuali teorie cosmologiche, che cercano di conciliare la meccanica quantistica e la relatività generale, spiegano l'origine dell'universo come una fluttuazione dallo stato di vuoto.

La fluttuazione ha prodotto la singolarità che esplodendo, il Big Bang, porta all’espansione dell’Universo quindi, dopo miliardi di anni, alla nascita del sistema solare.

Con la teoria dell’evoluzione si spiega la comparsa della vita e dell' uomo sulla Terra. Come dire : ex nihilo omnia.Il “tutto “ è nato dal “Nulla” per una casuale fluttuazione del vuoto.

Dunque un percorso logico, scientifico e perfettamente ateo.Problema risolto? Assolutamente no.

Il Nulla è l’ossessione e l’incubo del pensiero filosofico, da Aristotele a Plotino ad Agostino, a Cusano ad Hegel, ad Heidegger, a Sartre, a Kierkegaard che scrive: La disperazione è il terrore del vuoto, del non essere altro che niente.”,Leonardo da Vinci: "Infralle cose grandi che fra noi si trovano, l'essere del nulla è grandissima"(codice Atlantico) e Leopardi: "In somma, il principio delle cose, e di Dio stesso, è il nulla".(Zibaldone).

Un po’ tutti i filosofi, per un verso o per un altro,si sono posti il problema del nulla.

Anche la scienza moderna, continua ad interrogarsi sull'esistenza e su cosa sia il "nulla", per due motivi: perché il pensiero scientifico è connesso al pensiero filosofico e perché per comprendere il mondo fisico è necessario conoscere le proprietà del vuoto.

Il vuoto quantistico non è affatto vuoto, infatti per il principio di indeterminazione di Heisenberg, è un oceano in continua agitazione, in cui avviene che particelle e antiparticelle nascano ed annichiliscano immediatamente. E’ un vuoto ”mediamente vuoto”, ma non è il “nihil”.

Quindi l’universo, non è nato dal “Nulla” ma da qualcosa che esisteva già nel “vuoto” quantistico.

Ma perché “esiste” questo vuoto ”mediamente vuoto”?

Ubi veritas?
Quaeritur!

domenica 17 maggio 2009

Il pensiero pensante ed il pensiero pensato.

L’attualismo di Gentile.


“ la realtà non è pensabile se non in relazione coll'attività pensante per cui è pensabile”


Ne consegue che il pensare è essenzialmente attività e si distingue tra pensiero astratto e pensiero concreto, Il pensiero pensato, non essendo in atto, è astratto. il pensiero concreto è il pensiero in atto.


Alcune riflessioni.


Il pensiero in atto è il mio Io, è l’autocoscienza dell’ Io esistente, dell’Io soggetto, penso dunque sono, è la realtà vera, non la realtà mediata dai sensi, come dice Schopenhauer, è un pensiero concreto, un pensiero reale e nell’atto del pensare si sintetizzano pensiero, essere, realtà, soggetto ed oggetto. Il pensiero pensante è un atto dinamico e pertanto transitorio, che decade nel pensiero pensato che è astratto e statico.


Ma il pensiero pensato dove va a finire?


Per rispondere a questa domanda, occorre cercare nella scienza biologica: il pensiero pensato, elaborato dal cervello viene raccolto nella MLT (memoria a lungo termine). Esemplificando, con terminologia hardware, possiamo dire il pensiero pensante è nella ram e quello pensato sull’ hardisk. Capita spesso di riaprire vecchi files, cioè riprendere pensieri pensati che sono nella MLT e, da questo momento, il pensiero pensato ritorna ad essere pensiero in atto e poi ancora pensato si viene così a creare un loop, più che una dialettica tra pensante e pensato.


Cadendo dall’ “iperuranio” del puro pensiero al mondo empirico della MLT si profila un problema non indifferente: chi ci assicura che le informazioni, in essa immagazzinate, non si siano deteriorate come un vecchio floppy?


Il pensiero pensato riportato alla luce è quello originale oppure una sua copia sbiadita e con errori di visualizzazione?


Se pensiamo che danni all'ippocampo, (deputato all'encoding dei nuovi ricordi), con le aree corticali vicine ad esso causano amnesia e se consideriamo che esiste un branca della fisica che studia la Teoria degli Errori,( è una parte piuttosto noiosa, per cui evito di entrare nei dettagli, ma sostanzialmente, in breve, dice che ogni misurazione o lettura comporta un certo errore, che può essere dovuto allo strumento con cui si effettua la misurazione, errore sistematico, oppure dovuto all’operatore, errore casuale), comunque sia, temo di dover rispondere che, in molti casi, la rilettura dei pensieri pensati non corrisponda fedelmante all’ originale.


Alla luce di queste considerazioni penso che il concetto di attualismo di Gentile sia abbastanza centrato.


Nulla esiste se non nell’atto nel quale viene pensato.


Ed aggiungerei: Nulla esiste di concreto, ossia di realtà vera, se non nell’atto nel quale viene pensato, tutto il resto è approssimazione.


C’è dunque il bug strisciante del relativismo a minacciare la nostra res cogitans?

Marcello

sabato 16 maggio 2009

Perché il Corano ha fondato una teologia opposta a quella della Bibbia

Perché il Corano ha fondato una teologia opposta a quella della BibbiaL'anticipazione del libro 'Non è lo stesso Dio, non è lo stesso uomo ' di Carlo PanellaTestata: Il FoglioData: 16 maggio 2009Pagina: 9Autore: Carlo Panella - Nicoletta TiliacosTitolo: «Il Corano immobile - Non facciamoci incantare dalle Mille e una notte e nemmeno da Tariq Ramadan»http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=29443

sabato 9 maggio 2009

Da e di Marco De Turris

venerdì 7 novembre 2008
LA CULTURA DI DESTRA IN ITALIA
Accade sovente in Italia d’udire esprimere giudizi alquanto critici sulla “cultura di destra” e sostenerne la sua sostanziale inesistenza o comunque inferiorità rispetto alla cosidetta “cultura di sinistra” d’impronta marxista-progressista.Questo vero e proprio pregiudizio ideologico ha trovato la sua massima espressione in un’affermazione di Norberto Bobbio, intellettuale di sinistra, sedicente liberale ma con simpatie di sinistra, il quale ha detto e scritto che non esiste una cultura di destra.E’ facile confutare simili asserzioni quali frutto d’ignoranza o malafede. La grande cultura internazionale del mondo contemporaneo non è di solito affatto socialista o marxista. Rimanendo all’Italia, nel solo Novecento i tre maggiori filosofi italiani, Croce, Gentile ed Evola, erano tutti e tre di destra, così come era di destra il maggior economista di sempre della nostra Patria, il liberale e monarchico Luigi Einaudi. I maggiori letterati italiani attivi nel secolo XIX, Pirandallo, Svevo, D’Annunzio, erano tutti simpatizzanti del fascismo, così come personaggi illustri operanti nei campi più diversi, da Marconi a Mascagni. Un elenco esaustivo degli autori illustri qualificabili in una delle molte anime della “destra”, sia essa liberale, conservatrice, nazionale, tradizionalista ecc., sarebbe davvero troppo lungo per questa sede, e non potrebbe neppure essere esaustivo. Basti dire che la ricchezza intellettuale dell’Italia dei secoli passati contrasta visibilmente con il livello mediamente basso della fase storica degli ultimi 60 anni, culturalmente dominata dal pensiero di sinistra. La ragione di tale paradosso è che alla “destra” non mancano né gli uomini, né le idee e gli ideali, bensì i mezzi e le possibilità per esprimere questi ultimi. In Italia il potere culturale viene ad essere da decenni egemonizzato dalla sinistra marxista, sia nelle università e nelle case editrici, sia in ambito giornalistico (Marcello Veneziani ha scritto un libro al riguardo, “L’eskimo in redazione”, spiegando come i giornalisti di sinistra abbiano ottenuto un notevole grado d’autonomia ed indipendenza dinanzi ai propri stessi editori, ridotti a consentergli di svolgere la propria propaganda), e persino in ambiti apparentemente meno importanti quali il cinema e la musica. Questa vera e propria occupazione dei posti di potere della cultura è probabilmente frutto di due cause principali. La prima consiste nell’attuazione da parte del PCI-PDS d’una precisa strategia, che era già stata delineata da Gramsci e che teorizzava esplicitamente l’instaurazione d’una “egemonia” (questo il termini specifico impiegato) da parte dei marxisti in campo culturale, al fine di poter inculcare all’intera società i propri principi. E’ così accaduto che i partiti di sinistra impiegassero denaro, uomini, strumenti di pressione d’ogni genere, per riuscire a far entrare propri rappresentanti e sostenitori nelle istituzioni culturali d’ogni ordine e grado, dalle università alle scuole materne, dalle case editrici a quelle discografiche. In ciò la loro opera è stata molto favorita dai sindacati della Triplice (CGIL-CISL-UIL), capaci di conquistarsi il consenso d’una ampia fascia degli insegnanti e dei docenti universitari.La seconda ragione risiede nel fatto che alla suddetta operazione, svolta sulla base di una vera e propria strategia, ben guidata dall’alto e finanziata adeguatamente, non ha corrisposto da parte delle destre alcuna replica adeguata: cattolici conservatori, liberali, missini si sono presentati divisi dinanzi all’unitarietà ideologica dell’avversario marxista. Inoltre, i cattolici democristiani, nonostante abbiano governato l’Italia per quasi 50 anni, non compresero realmente l’importanza della cultura nella propria attività politica, mentre i liberali ed i missini, troppo deboli i primi, decisamente emarginati i secondi, non poterono con le loro sole forze rispondere alla sistematica campagna d’occupazione e promozione culturale della sinistra marxista.Il risultato è che all’abbondanza di talenti e di idee della destra non ha corrisposto un’adeguata visibilità, mentre ad una fondamentale monotonia e povertà della sinistra ha fatto contrasto una diffusione amplissima delle proprie convinzioni. Per portare un esempio significativo, l’opera considerata il maggior romanzo italiano di tutto il Novecento, “Il gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, autentico capolavoro impregnato di spirito conservatore, monarchico e cattolico, non trovò, mentre il suo autore era in vita, un solo editore disposto a pubblicarlo. Quando infine venne èdito, lo fu dalla Feltrinelli, la casa editrice di sinistra per eccellenza, che cercò di gabellarlo come un testo dal contenuto rivoluzionario.Accade così, ancora oggi, che determinate professioni, quali quelle di docente universitario o giornalista, siano ben più facili da percorrere per chi si professa di sinistra, che non per un apolitico, e siano sovente chiuse a chi dichiara opinioni di destra. Al loro interno esistono forti corporazioni di fede “progressista”, che tendono ad aggregare membri delle loro stesse idee ed ad escludere gli altri.Il problema posto da questa situazione non è unicamente di giustizia, essendo profondamente iniqua una tale discriminazione, ma anche e propriamente politico, poiché la sinistra italiana controlla un potere culturale e mediatico sproporzionato, utile a diffondere le concezioni della parte politica di riferimento.
Pubblicato da Marco De Turris a 21.35

martedì 5 maggio 2009

lunedì 4 maggio 2009

Un amico mi chiede...

Giustizia e libertà?
La rigorosa applicazione della legge rispetta sempre il canone della libertà?
Qui (sul blog di pibond), ho scritto qualcosa in merito.
Qualcuno tra gli amici, condivide con me l'idea che il binomio diritto e giustizia dovrebbe riguardare esclusivamente le azioni dannose commesse dai singoli, mentre qualsiasi azione, indipendentemente dal danno emergente debba essere preliminarmente esaminata sotto il profilo della libertà e responsabilità individuali?
Libertà e responsabilità è un binomio che riguarda la coscienza della persona innanzi all'esercizio dei propri diritti ed in particolare di quelli inalienabili ed immutabili come quello di vivere liberamente.

http://pibond.blogspot.com/2009/05/diritto-e-giustizia-o-liberta-e.html

venerdì 1 maggio 2009

Nietzsche ancora incompreso

Da il Giornale del 30/04/09
di Daniele Abbiati

""Il più bel complimento fatto a Nietzsche (ma non ai nietzscheani) è di Georg Simmel e porta la data del 23 ottobre 1897. «Non vi è nulla di più facile del “confutare” Nietzsche. Le metamorfosi a balzi del suo sviluppo speculativo, il violento fantasticare con cui interpreta la storia, le contraddizioni logiche della sua immagine del mondo sono talmente palesi da far sì che il problema scientifico nei suoi confronti non possa affatto consistere nel dimostrare i suoi errori, ma nello spiegare come mai, nonostante questi errori, egli abbia potuto suscitare impressioni tanto profonde non soltanto presso quanti vanno matti per le mode letterarie o adorano la bella forma».
La forza dell’autore consisterebbe nel fascino più che «letterario» della sua opera, nel suo essere filosofo nonostante se stesso. La considerazione compare nella recensione al saggio di Ferdinand Tönnies Il culto di Nietzsche. Infatti, un autentico «culto» era fiorito, in tutta Europa, intorno alle povere membra e alla mente disastrata del padre del Superuomo che morirà di lì a tre anni. Con la catastrofe torinese del gennaio 1888 era calato il sipario sulla persona di Nietzsche, ma se n’era alzato un altro, ben più pesante, sul Nietzsche maestro-guru. «Fenomeno psicopatologico», «borghese», «aristocratico», «teorico del capitalismo», «socialdemocratico», «anarchico», «evoluzionista»: le etichette applicategli nel giro di cinque-sei anni sono molte, e tutte in qualche misura storte, posticce.
E ancor oggi sul corpus di Nietzsche permangono le stimmate di quelle e altre appropriazioni indebite. Riveduto e... scorretto dalla sorella Elisabeth in chiave materialmente (e non eticamente) volontaristica e reazionaria, il Nostro subì l’Anschluss da parte del delirio nazista che se lo appuntò al petto come una medaglia intellettuale, ignorando o fingendo d’ignorare, fra l’altro, il suo più volte dichiarato anti-antisemitismo. Filtrato dai disastri novecenteschi pre e post Terzo Reich, di Nietzsche è rimasto soltanto l’ectoplasma nichilista, recentemente oggetto delle critiche papali, mentre la sua estetica, il suo umanesimo, il suo illuminismo sono confinati nello sgabuzzino degli studi specialistici…… ""


Non sono d’accordo nel considerare quello di Georg Simmel un complimento,ne tanto meno che “non vi è nulla di più facile del “confutare” Nietzsche”.
Non è Nietzsche che deve essere confutato, ma è Nietzsche stesso che confuta tutto e tutti.
E’ chiaro che Simmel, essendo in lui preponderante l’interesse sociologico,non può ,pur avendone subito un certo fascino, condividere la filosofia nietzscheana.

Mi dispiace che si incorra ancora nell’errore di considerare Nietzsche un antisemita, nel senso di razzismo. Il Nostro è antisemita come è anticristiano, come è antimetafisico, come è anticredente: in sostanza è contro tutto ciò che è rappresentato da 5000 anni di sovrastrutture create dall’uomo.
Il nichilismo del Nostro non è fine a sé stesso, annientata tutto per iniziare una nuova era per l’Uomo, come possiamo chiamare nichilista uno che invoca continuamente la volontà di potenza?
Dio è morto, ma anche l’uomo è morto aspettiamo l’uomo trasvalutato: il superuomo o forse è meglio dire l’“oltreuomo”. Ogni tentativo di asservirlo, come è stato fatto, a nuove teorie filosofiche, politiche o sociali non rende giustizia al suo pensiero, indubbiamente originale nella storia della filosofia.
Marcello

venerdì 24 aprile 2009

Un palestinese smaschera l’ipocrisia di Durban e i crimini della Libia

Ieri ci avete chiesto di pubblicare il testo della Conferenza Onu sul Razzismo. Ma preferiamo raccontare una storia che spiega meglio di tante altre la natura orwelliana del vertice che si è appena concluso a Ginevra. Vi dice niente il nome di Ashraf al-Hajui?
Orwell a Ginevra

di
Roberto Santoro
23 Aprile 2009

La storia che vogliamo raccontarvi ha per protagonista il medico palestinese Ashraf al-Hajui. Qualcuno ricorderà che nel 1999 fu arrestato in Libia con 5 suore bulgare. L’accusa era pesantissima: aver infettato centinaia di bambini con sangue contaminato dal virus dell’Aids. La polizia lo rinchiuse per 8 anni nelle galere libiche e fu un’esperienza infernale. Ashraf ha raccontato di essere stato stuprato ripetutamente da un pastore tedesco, che gli sono state strappate via le unghie dalle mani, che lo tormentavano con scosse elettriche ai testicoli. Ha “confessato” tutto pur di sfamare i suoi carnefici. Alla fine è stato liberato grazie al provvido intervento della Francia. Siamo nel 2007.

Anche l’arcigna signora Najjat al-Hajjaji è libica. Per la precisione è stata l’ambasciatrice del Colonnello Gheddafi durante i lavori preparatori di Durban II. E non si tratta di un delegato qualsiasi. L’hanno nominata presidentessa del main committee che coordinava il vertice. Qui arriva il colpo di teatro, un punto micidiale messo a segno da “UN Watch”, l’organizzazione ebreo-americana che si occupa di “monitorare le performance delle Nazioni Unite per verificare se rispettano i principi della loro Carta fondativa”.

Venerdì scorso, la main commission della signora Najjat concede 30 minuti alle Ong per discutere e avanzare proposte sul testo che quello stesso giorno sarà approvato per acclamazione. Nel coacervo di Ong impegnate a ricordare al mondo la persecuzione dei palestinesi, la presidentessa concede la parola al delegato di UN Watch. Forse si aspettava un intervento di Hillel Neuer, il direttore esecutivo. Invece a prendere la parola è proprio un palestinese perseguitato senza pietà. Il dottor Ashraf.

“Madame – esordisce lui rivolgendo un’occhiata di ghiaccio all’ambasciatrice libica – Non so se mi ha riconosciuto. Sono il medico palestinese che è stato usato come capro espiatorio dal suo Paese, la Libia, durante il caso sull’HIV dell’Ospedale di Bengasi, insieme a 5 suore bulgare”. La reazione della signora Hajjaji è tanto seccata quanto istantanea. La donna batte con virulenza il suo martelletto interrompendo Ashraf: “Stop, stop, le chiedo di fermarsi” dice con un’alterigia da prenderla a schiaffi. Aggiunge che potrà continuare il suo intervento solo se si limiterà a parlare dei temi in agenda.

Ma Ashraf sta parlando proprio di negazione dei diritti umani (i crimini libici evidentemente non erano nell’agenda della Conferenza di Ginevra). Quando riprende la parola propone di emendare il testo con alcune note “basate sulle mie sofferenze personali”. L’ambasciatrice lo interrompe di nuovo, sempre agitando quello stupido martelletto censorio. “Signora – continua lui imperterrito – se non è discriminazione questa, di cosa stiamo parlando?”. “La Libia ha partecipato a questa conferenza dicendo che ripudia le pratiche discriminatore. Ma come ci spiega quello che mi è accaduto e che è toccato ai miei familiari?”.

La Hajjaji gli toglie definitivamente la parola e la passa al delegato libico, il quale si affretta a ripetere che Ashraf è andato fuori tema. Così la presidentessa passa la parola al delegato successivo. Ecco com’è andata Durban 2. “Orwell a Ginevra”, ha titolato eloquentemente la rivista americana Commentary.

Un responsabile di Human Rights Watch questi giorni aveva chiesto ai Paesi occidentali di non disertare “Durban II” perché il razzismo va combattuto dentro gli appositi organismi delle Nazioni Unite. Si è anche diffusa la tesi che il testo finale della Conferenza sarebbe stato “emendato” rispetto all’estremismo delle bozze precedenti. In realtà a Ginevra è andato in scena il classico “doppio standard” che le Nazioni Unite – o meglio la lobby terzomondista che ha egemonizzato l’Onu – usa per attaccare Israele, il colonialismo europeo e il neocolonialismo americano, tacendo o censurando gli altri episodi di persecuzione di cui si macchiano i regimi liberticidi in giro per il mondo.

http://www.loccidentale.it/articolo/un+medico+palestinese+smaschera+l%E2%80%99ipocrisia+di+durban+e+i+crimini+della+libia.0070229
(Con questo link si può vedere anche un video)

mercoledì 8 aprile 2009

Il "mondo in frantumi" di Alexandr Solzenicyn

se ne è andato il 3 agosto 2008, e la notizia della sua morte, in Italia è scivolata via senza destare quasi clamore.Eppure questo grande vecchio, dallo sguardo tormentato di chi ha visto troppo, è stata una figura epocale, uno di quegli uomini che scendono sulla terra, per regalare all’umanità una conoscenza più profonda. Attraverso la sua opera letteraria intrisa di dolore, denuncia e passione rivelò al mondo l’orrore dei gulag, i campi di lavoro sovietici e cancellò l’utopia comunista, smascherandone la natura totalitaria e sanguinaria. Fu insignito del Nobel per la letteratura nel 1970, fu esiliato e visse lontano dalla sua terra in Germania, Svizzera e Stati Uniti. Una vita rocambolesca che attraverso la sua storia e la sua opera, testimonia la libertà irriducibile di ogni uomo.Ma seppe anche anticipare il "male oscuro" dell'Occidente, capì che quando la libertà diventa irresponsabile cade ogni barriera contro gli abissi del decadimento umano.Nel 1978 ad Harvard davanti a un enorme pubblico, parlò lucidamente della deriva di una società che fa di ogni sua pulsione un diritto, e che lentamente si avvia verso la sua autodistruzione.E infatti dopo aver letto parte del suo discorso che ho trovato attualissimo che ho deciso di ricordarlo con questo scritto.LIBERTÀ: DELL'IRRESPONSABILITÀ?In conformità ai propri obiettivi la società occidentale ha scelto la forma d’esistenza che le era più comoda e che io definirei giuridica. I limiti (molto larghi) dei diritti e del buon diritto di ogni uomo sono definiti dal sistema delle leggi. A forza di attenersi a queste leggi, di muoversi al loro interno e di destreggiarsi nel loro fitto ordito, gli occidentali hanno acquisito in materia una grande e salda perizia (ma le leggi restano comunque così complesse che il semplice cittadino non è in grado di raccapezzarcisi senza l’aiuto di uno specialista). Ogni conflitto riceve una soluzione giuridica, e questa viene considerata la più elevata. Se un uomo si trova giuridicamente nel proprio diritto, non si può chiedergli niente di più. Provate a dirgli, dopo la suprema sanzione giuridica, che non ha completamente ragione, provatevi a consigliargli di limitare da se stesso le sue esigenze e di rinunciare a quello che gli spetta di diritto, provatevi a chiedergli di affrontare un sacrificio o di correre un rischio gratuito… vi guarderà come si guarda un idiota. L’autolimitazione liberamente accettata è una cosa che non si vede quasi mai: tutti praticano per contro l’autoespansione, condotta fino all’estrema capienza delle leggi, fino a che le cornici giuridiche cominciano a scricchiolare. (…)Io che ho passato tutta la mia vita sotto il comunismo affermo che una società dove non esiste una bilancia giuridica imparziale è una cosa orribile. Ma nemmeno una società che dispone in tutto e per tutto solo della bilancia giuridica può dirsi veramente degna dell’uomo. Una società che si è installata sul terreno della legge, senza voler andare più in alto, utilizza solo debolmente le facoltà più elevate dell’uomo. Il diritto è troppo freddo e troppo formale per esercitare un’influenza benefica sulla società. Quando tutta la vita è compenetrata dai rapporti giuridici, si determina un’atmosfera di mediocrità spirituale che soffoca i migliori slanci dell’uomo. E contare di sostenere le prove che il secolo prepara reggendosi sui solo puntelli giuridici sarà per l’innanzi sempre meno possibile. È ora che affermiate i vostri doveri. Nella società occidentale di oggi è avvertibile uno squilibrio fra la libertà di fare il bene e la libertà di fare il male. Un uomo politico che voglia realizzare, nell’interesse del suo paese, una qualche opera importante, si trova costretto a procedere a passi prudenti e perfino timidi, assillato da migliaia di critiche affrettate (e irresponsabili) e bersagliato com’è dalla stampa e dal Parlamento. Deve giustificare ogni passo che fa e dimostrarne l’assoluta rettitudine. Di fatto è escluso che un uomo fuori dell’ordinario, un grande uomo che si riprometta di prendere delle iniziative insolite e inattese, possa mai dimostrare ciò di cui è capace: riceverebbe tanti di quegli sgambetti da doverci rinunciare sin dall’inizio. Ed è così che col pretesto del controllo democratico si assicura il trionfo della mediocrità. Per contro è cosa facilissima scalzare l’autorità dell’Amministrazione, e in tutti i paesi occidentali i poteri pubblici si sono considerevolmente indeboliti. La difesa dei diritti del singolo giunge a tali eccessi che la stessa società si trova disarmata davanti a certi suoi membri: è giunto decisamente il momento per l’Occidente di affermare non tanto i diritti della gente, quanto i suoi doveri.Al contrario della libertà di fare il bene, la libertà di distruggere, la libertà dell’irresponsabilità, ha visto aprirsi davanti a sé vasti campi d’azione. La società si è rivelata scarsamente difesa contro gli abissi del decadimento umano, per esempio contro l’utilizzazione delle libertà per esercitare una violenza morale sulla gioventù: si pretende che il fatto di poter proporre film pieni di pornografia, di crimini o di satanismo costituisca anch’esso una libertà, il cui contrappeso teorico è la libertà per i giovani di non andarli a vedere. Così la vita basata sul giuridismo si rivela incapace di difendere perfino se stessa contro il male e se ne lascia a poco a poco divorare. E che dire degli oscuri spazi in cui si muove la criminalità vera e propria? L’ampiezza dei limiti giuridici (specialmente in America) costituisce per l’individuo non solo un incoraggiamento a esercitare la sua libertà ma anche un incitamento a commettere certi crimini, poiché offre al criminale la possibilità di sfuggire al castigo o di beneficiare di un’immeritata indulgenza, grazie magari al sostegno di un migliaio di voci che si leveranno in suo favore. E quando in un paese i poteri pubblici affrontano con durezza il terrorismo e si prefiggono di sradicarlo, l’opinione pubblica li accusa immediatamente di aver calpestato i diritti civili dei banditi. La stampa, impenitente guardonaAnche la stampa (uso il termine “stampa” per designare tutti i mass media) gode naturalmente della massima libertà. Ma come la usa?Lo sappiamo già: guardandosi bene dall’oltrepassare i limiti giuridici ma senza alcuna vera responsabilità morale se snatura i fatti e deforma le proporzioni. Un giornalista e il suo giornale sono veramente responsabili davanti ai loro lettori o davanti alla storia? Se, fornendo informazioni false o conclusioni erronee, càpita loro di indurre in errore l’opinione pubblica o addirittura di far compiere un passo falso a tutto lo Stato, li si vede mai dichiarare pubblicamente la propria colpa? No, naturalmente, perché questo nuocerebbe alle vendite. In casi del genere lo Stato può anche lasciarci le penne. Ma il giornalista ne esce sempre pulito. Anzi, potete giurarci che si metterà a scrivere con rinnovato sussiego il contrario di ciò che affermava prima. La necessità di dare un’informazione immmediata e che insieme appaia autorevole costringe a riempire le lacune con delle congetture, a riportare voci e supposizioni che in seguito non verranno mai smentite e si sedimenteranno nella memoria delle masse. Quanti giudizi affrettati, temerari, presuntuosi ed erronei confondono ogni giorno il cervello di lettori e ascoltatori e vi si fissano! La stampa ha il potere di contraffare l’opinione pubblica e anche quello di pervertirla. Così, la vediamo coronare i terroristi del lauro di Erostrato, svelare perfino i segreti della difesa del proprio paese, violare impudentemente la vita privata delle celebrità al grido “Tutti hanno il diritto di sapere tutto” (slogan menzognero per un secolo di menzogna, perché assai al di sopra di questo diritto ce n’è un altro, perduto oggigiorno: il diritto per l’uomo di non sapere, di non ingombrare la sua anima divina di pettegolezzi, chiacchiere, oziose futilità. Chi lavora veramente, chi ha la vita colma, non ha affatto bisogno di questo fiume pletorico di informazioni abbrutenti). Giornalisti in nome di chi?È nella stampa che si manifestano, più che altrove, quella superficialità e quella fretta che costituiscono la malattia mentale del XX secolo. Penetrare in profondità i problemi le è controindicato, non è nella sua natura, essa si limita ad afferrare al volo qualche elemento di effetto.E, con tutto questo, la stampa è diventata la forza più dirompente degli Stati occidentali, essa supera per potenza i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Ma chiediamoci un momento: in virtù di quale legge è stata eletta e a chi rende conto del suo operato? Se nell’Est comunista un giornalista viene apertamente designato dall’alto come ogni altro funzionario statale, chi sono gli elettori cui i giornalisti occidentali devono invece la posizione di potere che occupano? E per quanto tempo la occupano? E con quale mandato? QUI il discorso per interoCome si può facilmente immaginare in Italia Alexandr Solzenicyn fu osteggiato e censurato, l'élite letteraria rossa lo bollò come una "nullalità sul piano artistico" (Cassola), un "Dostoévskij da strapazzo" (Eco). Ma gli attacchi non furono solo sul piano letterario, Moravia sull'Espresso scrisse che lo scrittore russo è un "nazionalista slavofilo della più bell'acqua".Insomma, il solito film a cui siamo abituati dal dopoguerra a oggi. La sinistra non ammette critiche, ma non disdegna di ricorrere agli insulti, quando non ha argomenti validi per obiettare.
Needle

VIVA LA VITA !!!

Nonnina resta sepolta 30 ore: «Ho lavorato all’uncinetto»

Pubblicato il giorno: 08/04/09
a 98 anni

Maria D’Antuono ha novantotto anni ed esce viva dalle macerie dopo trenta ore. È rimasta intrappolata sul letto, tra i calcinacci della sua casa crollata nel paesino di Tempera. Ieri mattina, alle otto, è stata recuperata viva e in ottima forma: «Cos’ho fatto in tutto questo tempo? Ho lavorato, ho fatto l’uncinetto», ha spiegato con naturalezza. Mentre tutto intorno sentiva le urla di disperazione e il rimbombo dei soccorsi, lei non si è mai perduta d’animo né scoraggiata. Col suo secolo di vita ha preso in mano ago e filo per non lasciarsi morire. Per i soccorritori e la gente in attesa delle ricerche, vederla viva è stato un segno di speranza. Quando Maria è stata recuperata dai pompieri, era seccata soltanto per una cosa: il fatto di ritrovarsi davanti alle telecamere senza messaimpiega: «Almeno fatemi pettinare...». Dopo essere stata medicata, si mette a mangiare qualche cracker, tra gli uomini e le donne che ancora aspettano di riabbracciare i loro cari.

lunedì 30 marzo 2009

L’islam visto da Marco Polo, Schopenhauer ed Hegel.

Mi rifaccio al pensiero di questi illustri personaggi, cercando di interpretare specialmente il pensiero di Hegel.
“Non vi stupite se i Saraceni odiano i Cristiani: è perché la legge maledetta che gli ha dato il loro profeta Maometto gli ordina di fare tutto il male che possono alle genti che non seguono la loro fede, e di prendere tutto quello che possono prendere: per loro non è peccato. E se i Cristiani vengono a ucciderli o a fargli qualche torto, i loro fratelli li considerano dei martiri (…). Tutti i Saraceni del mondo si comportano alla stessa maniera” Marco Polo, 1271 .
“Nel Corano troviamo la forma più squallida e più povera di teismo. Ammettiamo pure che molto sia andato perduto nella traduzione, ma in quest’opera io non sono riuscito a scoprire nemmeno un pensiero dotato di valore.” Arthur Schopenhauer . Il mondo come volontà e rappresentazione (1819).
“L’astrazione dominava i Maomettani; il loro scopo era di far prevalere il culto astratto, e vi hanno teso con il più grande entusiasmo. Questo entusiasmo era fanatismo, cioè entusiasmo per un’astrazione, per un’idea astratta, che ha un’attitudine negativa rispetto all’esistente ” Friedrich Hegel, 1837
Marco Polo, pragmatico commerciante ed acuto osservatore dei costumi dei popoli, seppur qualche risentimento, contro l’islam, come veneziano doveva avercelo, ha centrato perfettamente il nocciolo della questione.
L’islam è immutabile, dall’ egira ad oggi non è cambiato di una virgola, prevaricazione, conquista, violenza, annichilimento dell’uomo e soprattutto della donna. Molte sure del corano iniziano con le parole “In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso”, però se non ubbidisci ai suoi voleri e non ti converti è giusto che tu infedele muoia e nel peggiori dei modi, per non parlare della sorte di quelli che si “macchiano” del peccato di apostasia.
Il giudizio di Schopenhauer sull’islam è lapidario e non da adito a dubbi: il corano non ha alcuna valenza intellettuale.
La posizione di Hegel, pur essa decisamente negativa, ci da modo di spaziare in un altro campo quello del fanatismo.
Il fanatismo è sempre stata la piaga del genere umano e non riguarda solo l’islam e le altre religioni o l’ateismo, ma tutte le ideologie in generale.
L’abbiamo sperimentato drammaticamente nel secolo scorso, comunismo e nazismo su tutte. Il fanatismo porta all’annichilimento dell’uomo, al rinunciare ad un pensiero autonomo per confondersi nella massa informe dei “sudditi”, ben manovrati da alcuni, che si autodefiniscono la voce di Dio oppure portatori del bene universale. Classiche manifestazione estetiche di fanatismo, sono il saluto romano, il pugno chiuso e il modo di pregare degli islamici.
Tutto questo porta all’entusiasmo per un’ idea astratta e, secondo Hegel, un’idea astratta ha “un’attitudine negativa rispetto all’esistente.”
L’esistente non ha, dunque, una sua funzione autonoma, da qui la svalutazione dei valori intrinseci dell’uomo come la libertà di pensiero. E’ la declassificazione dell’uomo a puro strumento, per un fine astratto ed ai più difficilmente comprensibile, ma obbligatoriamente da seguire, marxisticamente parlando alla reificazione dell’uomo. Questo è l’islam, sotto un aspetto di spiritualità, solo del fanatismo che soggioga l’uomo fino a portarlo al disprezzo per la vita, sia propria che altrui, ossia alla cultura della morte. Credo che, chi abbia visto in tv le dichiarazioni dei kamikaze sia rimasto impressionato, ma le dichiarazioni delle madri di questi ragazzi sono addirittura allucinanti. Questo si spiega solo, come scrive Schopenhauer, con la forma più squallida e più povera di teismo.
No islam.